Stele di Xian (VIII secolo) Dono del Rotary Prato

Il Rotary Club Prato, dona alla Biblioteca Roncioniana un Calco di una Stele di Xian.

Il calco in inchiostro di China è realizzato su carta di riso applicata su tela.

L’originale è una lapide incisa con caratteri cinesi che reca la data di “domenica 4 febbraio 781”.

La stele originale si trova nella Repubblica Popolare Cinese presso il Museo Provinciale di Xian (l’antica capitale Chang-An, oggi capoluogo della Regione dello Shaanxi).

Dono del Rotary Club Prato

Il Rotary Club ha ricevuto questo calco dall’Associazione Matteo Ricci alla quale è stato donato dalla cortesia di Luigi Ricci. Il Ricci, visitando quel Museo, che in cinese si chiama foresta di stele perché ospita migliaia di lapidi incise, lo ha fatto realizzare con un’antichissima tecnica che usa tamponi di inchiostro su carta di riso.

Il Laboratorio di restauri Piacenti S.p.a. – il cui titolare Giammarco Piacenti è socio del Rotary Club di Prato – ha provveduto a effettuare alcune necessarie riparazioni ed a montare i fogli di carta di riso del calco su idoneo supporto, così da poter rappresentare la stele nelle sue dimensioni originali e consegnarla alla Biblioteca Roncioniana di Prato dove sarà esposta in permanenza.

Il Museo Vaticano conserva una riproduzione di questa medesima stele.

Il testo scolpito racconta la dottrina professata dalla comunità di cristiani nestoriani che, costretti alla fuga, erano arrivati in Cina.

Infatti nel 431 un Sinodo, appositamente convocato a Efeso, ebbe a pronunciare questo decreto di condanna contro Nestorio, patriarca di Costantinopoli: Nostro signore Gesù Cristo, da lui bestemmiato, stabilisce per bocca di questo santissimo Sinodo che Nestorio sia escluso dalla dignità episcopale e da qualsiasi collegio sacerdotale.

Nestorio ed i suoi seguaci erano accusati di affermare che in Cristo vi sono due diverse nature, la divina e l’umana, e che Maria non è la madre di Dio, ma solo la madre dell’uomo Cristo. A quei tempi la condanna per eresia poteva costare molto cara, per cui i “nestoriani” furono costretti a fuggire non solo in Medio Oriente ma in gran parte dell’Asia e si spinsero fino in Cina. Regnava allora sul Celeste Impero la Dinastia Tang (618 – 905 d. C.). ricordata per le sue aperture alle arti e alle culture.

L’epoca della stele

L’ottimo stato di conservazione della stele dalla quale è stato tratto il calco che il Rotary dona alla Roncioniana fa pensare che sia stata sotterrata poco tempo dopo la sua realizzazione. Probabilmente a seguito della persecuzione scatenata nell’845 da un decreto imperiale (nel frattempo erano cambiati Dinastia e Imperatore) che bandiva dalla Cina i culti buddhista e cristiano perché “stranieri”. I cristiani vollero mettere al sicuro, seppellendolo, un monumento così importante per loro, ma con il passare del tempo ne fu persa la memoria. Di esso non si parlerà più fino al ritrovamento casuale nel 1625 durante i lavori di scavo per l’erezione di un muro nella cittadina di Si-ngan- fu.

Il Governatore della regione, subito informato della scoperta e conscio della sua importanza, fece trasportare il prezioso oggetto al riparo, in un tempio. Dopo varie vicissitudini, rifacimenti di protezione e traslochi, la stele ha trovato definitiva sistemazione nella “Foresta di stele” dove oggi si possono vedere innumerevoli lapidi incise in ogni epoca e con ogni stile, ammirate anche da chi non conosce il cinese perché su molte sono raffigurate divinità, paesaggi e mappe.

Questa lapide è ben riconoscibile fra tutte perché è l’unica che reca in alto una croce. In calce al testo redatto in ideogrammi cinesi vi sono una sessantina di righe in siriaco con i nomi dei sacerdoti e dei fedeli cristiani arrivati per primi in Cina.

Il Cristianesimo viene definito Religione radiosa, forse nel tentativo di forgiare un’espressione cinese corretta e facilmente comprensibile.

Al termine si legge che è opera di King-Tsing, monaco del monastero di Ta-Ts’in. Il nome del monaco ha il signifificato di luce e purezza, appellativi che in cinese erano attribuiti ai Maestri della Legge. È probabile che il ruolo di questo monaco sia stato quello di supervisore dell’ortodossia del contenuto della stele. Vi compare anche il nome dell’incisore, un funzionario imperiale.

Il testo è di grande eleganza, con molte delle caratteristiche delle opere degli scrittori di epoca Tang, una delle più fruttuose nella storia delle arti in Cina. Chi ha redatto il testo (si tratta sicuramente di un’opera collettiva) dimostra familiarità con i classici di Confucio, del taoismo e del buddhismo permettendo così di rendere accessibili i concetti della dottrina cristiana. In altre parole, è un tentativo riuscito di insegnare ai cinesi la religione cristiana attraverso la loro lingua e il vocabolario religioso al quale erano abituati.

La stele, esposta al pubblico e quindi leggibile da tutti (i letterati) diventava un valido mezzo per far penetrare e integrare il cristianesimo nella civiltà cinese alla quale era fifino ad allora completamente estraneo. La stele reca infine, in basso, l’approvazione ufficiale (dopo l’invenzione della stampa si direbbe l’imprimatur), da parte di un monaco (un caldeo) che esercitava nella corte imperiale le funzioni di della corte dei sacrifici imperiali.

Un’approvazione così solenne dimostra quanta considerazione avesse meritato a Corte il Cristianesimo.

Quando si parla della stele di Xian non si può fare a meno di parlare anche di un personaggio singolarissimo, un protagonista della vita romana del XVII secolo, il gesuita Athanasius Kircher. Nato a Geisa (Fulda) presso Francoforte il 12 maggio 1602 morì a Roma il 28 novembre 1680. Entrato nella Compagnia di Gesù nel 1618, insegnava filosofia e matematica a Wurzburg quando la vittoria degli svedesi sulla Germania lo costrinse ad andare all’estero, prima in Francia, poi in Austria e finalmente al Collegio Romano.

Portato ad ogni genere di studi e indagini i superiori gli concessero di applicarvisi senza limiti, abbandonando l’insegnamento. Fu autore di una gran quantità di pubblicazioni in tutti i campi del sapere, dall’interpretazione dei geroglififici alle scienze naturali, dalla matematica alla musica, che ben presto lo resero famoso in tutta Europa. Le sue opere a stampa coprono l’arco di tempo dal 1630 al 1679 e tra prime edizioni, traduzioni e ristampe raggiungono l’impressionante cifra di 37 volumi con oltre 12.500 pagine e un numero sterminato di illustrazioni. Alcuni, come il compilatore della voce a lui dedicata nella Treccani, hanno rilevato che in Kircher la vastità dell’erudizione e l’acume dell’ingegno non furono sempre congiunte con la sodezza della critica. Ma, osserva Umberto Eco, ammiratore del gesuita e accanito collezionista delle sue opere, essendosi occupato proprio di tutto, e per decine di migliaia di pagine, statisticamente non poteva che accadere di imbroccarne un poco si e un poco no. Ma perché ci affascina? Per la sua voracità, per la sua bulimia scientifica, per l’ansia enciclopedica.

È doveroso segnalare che presso la Biblioteca Roncioniana si può ammirare una delle sue opere più importanti, l’OEDIPUS AEGYPTIACUS con la quale Kircher intendeva esporre la chiave di interpretazione dei geroglifici. A quel tempo a Roma si faceva a gara per riportare alla luce obelischi e monumenti trasportati in epoca romana ma poi abbandonati. Il Kircher assicurò di essere in grado di spiegare cosa significavano quei geroglifici. Oggi, dopo il ritrovamento della stele di Rosetta (1799, campagna d’Egitto di Napoleone) e gli studi di Jean- François Champollion (1790 – 1832) possiamo dire che sbagliava. I quattro grandi volumi, con innumerevoli illustrazioni anche a piena pagina, dell’OEDIPUS conservati alla Roncioniana, stampati nel 1652, sono preceduti dalla dedicatoria a Ferdinando II d’Austria redatta in ben venti differenti lingue. C’è anche quella cinese con ideogrammi fra i primi ad apparire in Europa. Per la stampa vennero utilizzati caratteri mobili inviati a Propaganda Fides, la congregazione vaticana per le missioni, dai Gesuiti che nel XVII secolo operavano in Cina. È stata proprio la presenza dell’Opera del Kircher che ha indotto il Rotary Prato a far dono alla Roncioniana del calco della Stele. Nel 1664 Kircher sottopose ai superiori una nuova opera, CHINA MUNUMENTIS. Ottenuta l’approvazione, venne stampata nel 1667, in grande formato, in folio dicono i bibliofili, seguita nel 1670 dalla traduzione in francese.

Scrive Paul Vernière nell’introduzione ad una ristampa anastatica dell’opera (1980) Kircher non è mai andato in Cina, ma raccoglie tutto quello che i viaggiatori ed i missionari hanno pubblicato prima di lui. E ne ricava una summa che segna una tappa essenziale della conoscenza della Cina in Occidente. Vi troviamo anche il primo dizionario latino – cinese che nell’edizione in francese del 1670 diviene un notevole dizionario francese – cinese. Le prime 62 pagine dell’opera sono dedicate al monumento di marmo di cui si parla tanto in tutto il mondo, scoperto poco più di 45 anni fa. Questo monumento è la stele di Si-ngan-fu dissotterrata nel 1625. Fra le pagine 18 e 19 vi è una grande tavola ripiegata che la didascalia afferma essere “copia fedele della stele” eseguita nel 1664 da Matteo (propria manu ex autographo descripsit Mattheus Sina Oriundus) uno dei cinesi battezzati che erano venuti a Roma con alcuni missionari gesuiti che rientravano alla casa generalizia. Seguono la trascrizione del testo cinese in lettere latine, per insegnare a pronunciare come si deve i caratteri cinesi del monumento, la traduzione parola per parola del testo cinese, la parafrasi, un commento e la traduzione delle righe scritte in siriaco. Le successive oltre 300 pagine sono un trattato completo della Cina, con carte geografiche, illustrazioni della natura, degli animali, delle varie religioni che vi si praticavano. E poi la lingua, il significato degli ideogrammi. Si afferma che i primi cinesi discendono dagli egiziani e hanno adottato la loro scrittura non come composizione di lettere ma con figure tratte da diverse cose naturali. Insomma, tutto quello che nel XVII secolo in occidente si sapeva della Cina. O perlomeno quello che Kircher credeva di sapere. Prato, 23 gennaio 2024 (Gianni Limberti, Rotary Club Prato)

Il regalo cinese a Papa Francesco

(da “La Stampa”, Gianni Valente 6 Ottobre 2016)

«Il Presidente cinese mi ha inviato un regalo. Ci sono buone relazioni», ha rivelato Papa Francesco durante la conferenza stampa ad alta quota realizzata domenica sera sul volo che da Baku lo riportava a Roma. La vicenda del dono cinese arrivato a Papa Francesco è piena di dettagli interessanti.

Il regalo è un drappo in seta che riproduce la lunga scritta in ideogrammi riportata nella famosa Stele di Xian, conosciuta anche come la Stele nestoriana: una stele epigrafica, alta tre metri e larga uno, eretta in Cina nel 781, al tempo della dinastia Tang, allo scopo di documentare i primi 150 anni di presenza cristiana nestoriana nel Paese. Il testo inciso nella Stele fa riferimento alla croce e al battesimo, alla Trinità e al mistero dell’Incarnazione. Rappresenta l’attestazione storica della diffusione in Cina della antica Chiesa d’Oriente, di impronta nestoriana, considerata dagli storici come una delle progressioni missionarie più sorprendenti mai avvenute nella vicenda cristiana. Chi ha inviato quel regalo – suggeriscono sinologi avvezzi a decrittare il “linguaggio dei segni” prediletto dalle leadership cinesi – ha voluto mandare un messaggio carico di suggestive implicazioni: ha voluto ripetere che il cristianesimo, in Cina, non è un “prodotto d’importazione”, legato all’aggressione colonialista delle moderne potenze occidentali, ma è stato accolto nell’ex Celeste Impero fin dai primi secoli cristiani, e può essere riconosciuto come componente non posticcia della storia e della cultura cinese.

A consegnare il regalo cinese a Papa Francesco è stato Zhou Jinfeng, segretario generale della Fondazione cinese per la tutela della Biodiversità e lo sviluppo verde (China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation), che ha preso parte al seminario di studio sull’Enciclica “Laudato Si’”, organizzato in Vaticano lo scorso 28 settembre 2016. Il sito della Fondazione presieduta da Hu Deping ha subito messo in rete la foto della consegna del dono al Papa, riferendo tra l’altro che il Vescovo di Roma lo ha «accettato con grande gioia».

Per la prima volta, sui media cinesi viene lasciata circolare la notizia di un gesto di cortesia nei confronti del Papa attribuito al massimo leader politico cinese.